Il termine cucina primordiale fu coniato per me da Edoardo Raspelli. Il quale, non riuscendo a imbrigliare la mia arte nella discendenza genitoriale con qualche chef conosciuto, la discostò da tutti definendola unica. E per questo mi descrisse come lo chef primordiale. Per quanto mi riguarda, significa tornare agli albori della conoscenza, però con il bagaglio culturale attuale. Coniugando un pensiero gastronomico che fa dell’essenza della materia prima il condimento e della tecnica di cottura priva di ogni supporto tecnologico la sua espressione.

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La mia grande passione per la storia e la voglia di conoscere chi ero per scoprire chi sarò, mi ha spinto ad appassionarmi a tutto questo. Ma queste tecniche non sempre mi hanno aiutato. In termini di carriera, il percorso è stato più complesso e poco compreso, totalmente distante da chi nel nostro paese ha il potere di decidere cosa va bene e cosa no.
Per molto tempo sono stato paragonato a uno che sa fare bene il barbecue. Il che che equivale a ridurre Bruno Barbieri a uno che sa fare una buona fettina in padella.
La teoria può essere applicata alle più moderne tecnologie. Bisogna conoscerne i fondamentali, ma una volta approcciata la ricetta in termini primordiali la tecnica può essere mutuata anche nel quotidiano delle cucine industriali e casalinghe.

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