Nasco a Roma il 2 aprile 1977 da una famiglia di origini siciliane e vivo la mia infanzia tra Acitrezza e Roma. Sono figlio unico, ma i miei genitori provengono da famiglie numerose: 9 da parte di mamma Silvana, romana con radici campane, e 7 da parte di papà, siciliano. Mia nonna materna in primis, mia madre e mia zia sono state i miei modelli. Vivevo in una casa dove la cucina è sempre stata il fulcro di tutto, ogni occasione, anche la più banale, costituiva la scusa per mettersi ai fornelli. Fin da piccolo, preferivo passare del tempo in cucina con loro piuttosto che andare a giocare. Il gusto, l’olfatto, le consistenze, lo sfrigolio delle pietanze in cottura, la sensazione viscerale di avere le mani immerse nella farina o nella selezione dei vari tagli di carne o pesce sono sensazioni che mi hanno sempre dominato e formato, ricordi indelebili resi concreti nel tempo.

In questo background, se devo pensare a un momento in particolare che mi ha fatto scegliere la mia professione, devo ritornare indietro di circa 30 anni. Ne avevo 10 quando mia madre si allontanò da casa per moltissimo tempo a causa di una grave malattia. Tempo che fu colmato dall’inarrestabile determinazione di un padre che, per stimolare il bimbo rattristato da una così forzata lontananza, sfruttò la sua passione per distrarlo e dargli lo stimolo per reagire. Lui faceva il meccanico e ricordo che dopo la scuola andavo a fare i compiti nella sua officina, passando in seguito allo studio di un ricettario che ha fatto la storia “il talismano della felicità”. Quotidianamente sceglievo una ricetta, che eseguivo poi la sera assieme a lui, ripercorrendo gli insegnamenti delle donne della nostra vita.

In un momento d’estrema tristezza è riuscito a farmi ridere godendo di ciò che di più semplice e puro può esistere. Ho vissuto una cucina espressione di un sentimento d’amore estremo, che non può essere imbrigliata solo nelle sensazioni del momento in cui si viene appagato del lavoro fatto ma che perdura nel tempo ed è stimolo di continua ricerca. Mi sono sentito vicino, anche se lontano, a chi quelle sensazioni me le ha fatte amare sin dalla nascita. Ripensando a quel frangente, credo proprio che sia stato la scintilla che ha definitivamente acceso il fuoco. Quel fuoco che ancora arde vivo in me e che mi ha portato a fare della ricerca del gusto una ragione di vita.

Uno dei momenti più caratterizzanti della mia vita è stato, purtroppo, quello della perdita prematura di mio padre. Avevo 17 anni, in un momento storico molto difficile anche in termini economici. Avendo la necessità di lavorare, la mia prima ricerca si è subito concentrata nel mondo della ristorazione, nel quale sono entrato con quella che oggi si definisce la vera gavetta: la plonge del lavaggio. A seguire, il mio forte spirito nomade unito agli innumerevoli insegnamenti professionali e di vita di papà – un istrione che sapeva fare qualunque lavoro artigianale -, mi ha portato costantemente a spostarmi senza una meta ben definita. Lo scopo era acquisire il maggior bagaglio culturale e gastronomico possibile. Nei miei spostamenti non sempre ho lavorato in cucina. Quello era l’obiettivo, ma per finanziare la mia fame di conoscenza ho fatto un po’ di tutto: idraulico, muratore, rappresentate, pittore, fabbro, elettricista, contadino, magazziniere.

Allora era un modo per racimolare velocemente i soldi per il mio successivo spostamento, oggi è parte del bagaglio che mi ha messo nelle condizioni di costruire la mia filosofia di cucina e caratterizzato la mia semplicità di adattamento e inventiva nella realizzazione di tecniche, strumenti e metodi di approccio alla cucina.

In questo scenario è difficile identificare una o più tappe determinanti nella mia formazione. Posso affermare con estrema convinzione che, da più di vent’anni, non è mai stato il punto di arrivo o la situazione a formarmi come cuoco e come uomo ma il viaggio in un percorso completamente alternativo rispetto a molti miei colleghi. Viaggio che ancora non credo di aver terminato e che, conoscendomi, non credo terminerò mai.

Dopo un lungo pellegrinaggio durato oltre 20 anni, che mi ha visto spostarmi costantemente in Italia e all’estero – con soste e tappe importanti in Sicilia, Liguria, Umbria, Emilia Romagna, Svezia e India -, ho trovato la serenità ed una nuova rinascita professionale in Campania. A Trecase, vicino la mia amata Pompei, in piena campagna e affacciato sullo scenario fantastico del golfo di Napoli, arroccato sulle pendici della maestosità primordiale del Vesuvio.

Sono sposato con una ragazza italo svedese – Maya Catherine – da 13 anni, ma è come se lo fossi da 18, da quando conviviamo e condividiamo ogni momento. Ci siamo conosciuti, grazie ad amici comuni, a un motoraduno a Roseto degli Abruzzi, quando avevamo 20 anni. Siamo un raro caso di colpo di fulmine ben riuscito… incrociando lo sguardo attraverso i caschi, abbiamo capito entrambi che sarebbe stato per la vita. Da spirito libero e vagabondo qual ero, dopo una settimana le proposi di seguirmi: non se lo fece ripetere due volte, caricammo le valigie sulla moto e cominciò la nostra splendida avventura. Da quel giorno il nostro rapporto è stato un crescendo continuo, basato sulla fame di complicità, passione, amicizia, rispetto e allegria. Abbiamo affrontato ogni frangente della nostra vita con sincerità e dialogo. Questo ci ha portato dopo 5 anni al matrimonio. Devo dire che, se nella coppia la ricerca della continua felicità è uno dei percorsi più complicati, noi la ricetta per ottenerla l’abbiamo messa a punto da molto tempo.

Dopo due anni di matrimonio abbiamo cominciato ad avere il desiderio di allargare la famiglia. Oggi siamo genitori di due gioiellini di 11 e 9 anni e, a differenza di ciò che abbiamo sempre visto nel prossimo, diventare genitori ha rafforzato ancora di più il nostro rapporto.

Di Maya Catherin mi stregò subito la sua delicata aggressività, la sua lucida follia e soprattutto la determinazione nel voler essere parte di un Insieme. Sempre ad aiutarmi, a stimolarmi, a non porre mai un freno ai miei sogni, ma anche mantenendomi coi piedi per terra quando tendo a farmi prendere dagli entusiasmi. In poche parole: mi completa!

In cucina è molto selettiva nel mangiare, in un senso che a volte non punta alla qualità ma al digiuno. Pertanto cerco di stuzzicarla con tutte le possibili varianti delle sue pietanze preferite. In particolare quando voglio realmente farla contenta l’arma vincente è un buon risotto.

Mia madre, nonna Silvana, rimane il punto di riferimento, il legame forte con le mie radici e la mia tradizione. Il consiglio, la parola di conforto il focolare caldo e romantico nel quale sia io che mia moglie e i mie figli ci rifugiamo nella ricerca di stabilità. Lei vive a metà tra Roma e casa nostra, dandoci una mano nella gestione dei bambini.

Andrea Francesco è il primogenito, grande responsabile, riflessivo, gioviale a volte più adulto della sua età. Fabrizio è il piccolo demonietto, rugbista, istintivo, fortemente intuitivo. Entrambi sono stati assorbiti ed affascinati dal mio mondo. Il più grande stregato dai meccanismi della sala e della sommelier, il piccolo già grande esperto di materie prime, dal palato eccezionale e molto pratico ai fornelli. Al punto che abbiamo anche fatto degli esperimenti di Cooking show e corsi di cucina assieme.

Sono quasi sempre io a cucinare in casa. Quando il lavoro non lo permette, cerco di gestire la linea di cucina casalinga facendo trovare a mia moglie e ai bimbi dei prodotti già lavorati, da dover solo finalizzare. Quando invece è con noi Nonna Silvana, mi piace tornare bambino con la memoria del gusto e crogiolandomi nei sapori della mia infanzia.

Riconoscimenti:
Quello che reputo il più importante è stato gestire in giovanissima età una brigata di oltre 25 persone, con la mia linea di cucina ricevere nel tempo i complimenti dei commensali e vedere i piatti “spazzolati” al rientro in cucina.
Essere premiato da Raspelli come uno dei cinque migliori chef emergenti.
Aver aperto lo Shakti a Longiano (FC) e il coraggio di chiuderlo nel momento in cui la mia carriera mi ha prospettato nuove alternative.
Aver partecipato alla Prova del Cuoco.
Aver condotto il programma Street Food Heroes prima su Italia 2 e, a seguito del grande successo, su Italia 1

Progetti e collaborazioni:
Sono riuscito a coniugare la mia grande passione per le moto con la creazione di un Team che riportava alle corse la Fantic MOTOR, gestendo la parte Hospitality.
Ho creato a Perugia “Il Barbecue” un concept Restaurant che ha sdoganato il mood di macelleria con cucina. Un banco di 15 metri con una serie di tagli e preparazioni campeggiava davanti a 10 metri di braceri a vista. Un locale che, nei sei mesi della mia presenza come Start Up, ha visto oltre un mese di prenotazione per aggiudicarsi un tavolo.
Ho ideato e organizzato il premio Chef a Teatro, uno degli eventi più importanti che la Romagna abbia mai ospitato: 16 chef stellati che si sfidavano in due giornate a colpi di arte culinaria sul palco del Petrella di Longiano. In concomitanza alle due cene vip dove mi sono cimentato con Marco Bistarelli e Carlo Cracco nello Shakti di Longiano. Il tutto in costante contatto audio video con la location del teatro, con la conduzione di Fede e Tinto di Decanter Radio 2, la presidenza di giuria e spalla degli chef sul palco affidata ad Andy Luotto e un maxi schermo per far trasmettere lo show sulla piazza del comune. Senza dimenticare gli oltre 30 espositori che, all’interno di un ex museo, proponevano degustazioni di prodotti tipici nella cornice di una mostra fotografica dedicata agli chef partecipanti.
Ho creato, prima in collaborazione con la scuola A tavola con lo chef di Roma e poi con Sale scuola Viaggi di Rimini, dei concept formativi sull’antropologia della cucina e sulle tecniche di cucina primordiale
Ho ideato e realizzato il concept formativo Taste’s Defender assieme ai miei figli: corsi per insegnare ai bambini e ai loro genitori come cucinare insieme e creare ulteriore unione familiare.
Ho partecipato attivamente alla realizzazione di uno degli eventi più importanti di Napoli nel fantastico scenario di viale Caracciolo il lungo mare della capitale camapana, ovvero il Bufala Fest: evento che valorizza la filiera Bufalina per la prima volta nella storia, non solo caseario ma carni e derivati.
Ho partecipato alla fase relativa la realizzazione dei contenuti per l’evento Romano al Maxi “i diti in pasta” manifestazione dedicata all’alimentazione ed alla consapevolezza gastronomica per l’infanzia.
Gestisco la ricerca e sviluppo per la Buffalo Beef, azienda del gruppo Garofalo che valorizza la filiera Bufalina in termini di macellazione, andando a creare una linea di prodotti tra freschi, stagionati a marchio #ficheraversion.

Con semplicità, divertimento e passione, racconto una cucina di qualità non alta. La cucina odierna è espressione di un’evoluzione antropologica dell’uomo, utilizzando freschezza e contemporaneità nei discorsi voglio cercare di far capire che è solo discostandosi dai luoghi comuni – come tradizione, km0, incrocio tra innovazione e tradizione e soprattutto dal gastrofighettismo dilagante – che possiamo dare un colpo di spugna e ricominciare dalla storia di chi eravamo, per scoprire dove voglio arrivare.
Quindi se il futuro è nella nostra storia, in termini di società il cibo ne è parte integrante. La mia idea intende chiudere in questo contesto il futuro del gusto, unendo al tutto la consapevolezza intellettuale e scientifica che la vita moderna oggi ci dà.

Chef Francesco Fichera

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